Uber, la nota app con sede a San Francisco che offre servizi di trasporto in automobile tra privati e che, nell’ultimo periodo, è stata fonte di diverse controversie e contestazioni, è stata hackerata.
Hakeraggio tenuto nascosto
La vera notizia però non è l’hakeraggio, avvenuto ormai ben oltre un anno fa, ma bensì il fatto che questo evento è stato tenuto segreto per tutto questo tempo. A rivelare il fatto è stato Dara Khosrowshahi, ceo dell’azienda Uber, subentrato ai suoi vertici solo nell’agosto di quest’anno. Khosrowshahi sostiene, in oltre, di essere venuto al corrente del fatto solo di recente e di aver, quindi, subitaneamente deciso di renderlo pubblico.
Furto e riscatto
Più nel dettaglio, pare dalle ultime fonti più accreditate, che il furto informatico riguardi i dati sensibili di circa 57 milioni di persone in tutto il mondo registrate sull’app di Uber. Di questi 57 milioni, 600 mila pare fossero conducenti mentre i restanti passeggeri. In particolare sono stati piratati indirizzi e-mail e numeri di telefono, nomi e cognomi, e i codici delle patenti di guida degli autisti mentre sembrerebbero fuori pericolo tutti i dati più importanti. La nota azienda, oltre a scegliere d’insabbiare la notizia, ha preferito accettare il pagamento di un forte riscatto di 10o.ooo dollari per evitare che il gesto potesse avere conseguenze e, soprattutto, per evitare che il fatto venisse reso noto.